A poche settimane del nostro ultimo post è intervenuta una rilevante novità nelle vicende che riguardano l’impresa familiare.
Avevamo sottolineato come il familiare che lavora nell’azienda, ditta individuale del familiare imprenditore, attraverso la sua opera lavorativa matura alcuni diritti ed in particolare il diritto al mantenimento, alla partecipazione agli utili aziendali e gli incrementi e ha determinati poteri di cogestione.
Ma quale è la novità?
Novità assoluta è la recente pronuncia della corte costituzionale del 25 luglio 2024, n. 148 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-bis, comma 3, c.c. nella parte in cui non prevede come familiare anche il «convivente di fatto» e come impresa familiare quella cui collabora anche il «convivente di fatto»; In via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), è costituzionalmente illegittimo anche il successivo art. 230-ter c.c.
Una questione che è stata molto dibattuta è stata finalmente risolta solo con la sentenza della Corte costituzionale del 25 luglio 2024 n. 148, che attribuisce la possibilità di configurare il convivente more uxorio quale componente dell’impresa familiare.
Ecco quindi che oggi il convivente more uxorio è parificato al coniuge, e può essere parte dell’impresa familiare come i parenti entro il terzo grado, e gli affini entro il secondo.
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