Un collega “letterario”, l’avvocato Malinconico, figlio della penna di Diego De Silva, si domanda: “Quanto vale il mio dolore?”. Una domanda giusta, che trova forza e contesto nelle storie d’amore sbagliate, faticose, sofferenti, distruttive. Malinconico, di nome e di fatto, si risponde: “Il dolore è inestimabile, appartiene solo a chi lo prova. Non puoi valutarlo, non puoi venderlo, non puoi farne oggetto di scambio. Non è negoziabile. È quella la sua grandezza…il tuo dolore è troppo prezioso per accontentarsi di un risarcimento, perché non c’è cifra che lo ripaghi”.
In realtà alcune sofferenze d’amore possono trovare tutela giuridica: non quelle dei partner non corrisposti, ma quelle dei figli a cui vengono sottratte le giuste attenzioni genitoriali e quelle del coniuge quando le condotte del partner rappresentino una violazione talmente grave da giustificare non solo l’addebito della separazione al responsabile, ma anche il risarcimento del danno.
Per semplificare: la giurisprudenza ha creato la figura del “danno endofamiliare”, ovvero quella forma di danno non patrimoniale derivante da azioni e condotte lesive del “rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare che assume il connotato di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità civile…”.
Gli art. 147 e 148 del codice civile impongono degli obblighi dei genitori verso i figli. Qualora uno dei genitori non abbia adempiuto a detti doveri, l’altro genitore potrà rivolgersi al giudice per ottenere il risarcimento dei danni subiti dal figlio. Insomma, ogni qualvolta vi sia stato un disinteresse, perpetuato nel tempo da parte di un genitore verso il figlio, potrà essere chiesto il risarcimento del danno non patrimoniale.
La risarcibilità del danno si configura anche quando un figlio non riconosciuto dal genitore avanza domanda di risarcimento proprio in considerazione che il genitore non ha adempiuto agli obblighi di legge. La fattispecie in cui un genitore mostri totale disinteresse per il figlio naturale rientra nel così detto illecito endofamiliare: trattandosi infatti di una lesione di diritti costituzionalmente garantiti, si ricade nell’ambito dell’illecito civile, tutelabile attraverso un’azione per il risarcimento danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c..
La responsabilità endofamilare tra coniugi fa ingresso nella giurisprudenza di legittimità con la sentenza 9801/2005, che contribuisce a segnare una nuova prospettiva per i ruoli all’interno della famiglia, anche in rapporto alla realtà esterna, dove i titolari sono responsabili l’uno nei confronti dell’altro.
Tale responsabilità riceve, dunque, l’avallo della Suprema Corte con una pronuncia di ampio respiro ove si evidenzia che «il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza, di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un diritto inviolabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità civile, non potendo da un lato ritenersi che diritti definiti inviolabili ricevano diversa tutela a seconda che i titolari si pongano o meno all’interno di un contesto familiare».
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